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ai bisogni dell’età. Si studiò più attentamente il terreno, si disputò sulla preferenza da darsi all’uno piuttosto che all’altro passo e si venne a proposte mal digerite di linee a pendenze esorbitanti, di tunnels mostruosi dai 12 ai 14 chilometri ed attaccabili alle sole estremità, proposte che per la loro difficoltà, pel tempo e per l’enorme spesa richiesta a mandarle ad effetto, riescono inammissibili all’uomo di buon senso che coi principj d’arte più elementari, colla freddezza del raziocinio e colla cognizione anche superficiale dei siti si ponga ad esaminare la cosa per formarsene un sano criterio.
Bisogna ormai confessare che il problema del passaggio delle alpi centrali colle locomotive è insolubile almeno coi mezzi attuali di questo ramo dell’umana industria.
Io credo qui fuor di luogo e frustraneo lo scendere a dimostrazioni della erroneità del principio sul quale sono basate tutte o pressochè tutte le proposte di nuovi sistemi di locomotive. Ne rimetto il lettore alle sentenze pratiche di Perdonnet1 ed ai calcoli di Couche2 uomini in materia competentissimi. V’è un limite di pendenza oltre il quale cessa la convenienza del sistema automotore; un altro in cui cessa la possibilità, e questi limiti è giuocoforza rispettare. Ormai la quistione si agita sulla preferenza da darsi in questi casi al sistema dei piani inclinati mossi da macchine fisse a vapore o per caduta d’acqua, oppure a quello delle strade comuni perfezionate o sussidiate da rotaje di ferro o di granito; e pende tuttavia controversa.
Ma ad ogni modo qualora si ponga mente alla immensa superiorità della trazione per locomotive, ed alla necessità di pur giungere anche con qualche sacrificio di percorrenza a farle traversare le alpi, deve non solo accogliersi, ma