Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/116

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almeno dell’affronto, ch’io mostri almeno il mio rammarico di non poter risarcire il danno, chiedendo scusa al fratello dell’ucciso, e gli tolga, se Dio il consente, il rancore dall’animo.” Al guardiano parve che un tal atto, oltre ad esser buono in sè, servirebbe a riconciliare sempre più la famiglia col convento; e andò difilato da quel signor fratello, ad esporgli la domanda di fra Cristoforo. A proposta così inaspettata, colui sentì insieme con la maraviglia, un risorgimento di sdegno, misto però di compiacenza. Dopo aver pensato un istante, “venga domani,” diss’egli; e indicò l’ora. Il guardiano tornò a portare al novizio la licenza desiderata.

Il gentiluomo s’avvisò tosto che quanto più quella sommissione fosse solenne e clamorosa, tanto più crescerebbe il suo credito presso tutta la parentela e presso il pubblico; e sarebbe (per dirla con una formola di eleganza moderna) una bella pagina nella storia della famiglia. Fece avvertire in fretta tutti i parenti che all’indomani, al mezzogiorno, restassero serviti (così si diceva allora) di venire da lui, a ricevere una soddisfazione comune. Al mezzogiorno, il palazzo brulicava di signori d’ogni età e d’ogni sesso: era un girare, un rimescolarsi di grandi cappe, di alte piume,