Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/322

Da Wikisource.

315

comportavano alla meglio tutte queste vicissitudini, e le attribuivano all’indole bisbetica e leggiera della signora.

Per qualche tempo non parve che alcuna pensasse più in là; ma un giorno che la signora, venuta a parole con una suora conversa per non so che pettegolezzo, si lasciò andare a svillaneggiarla fuor di modo e senza posa, la conversa dopo aver sofferto un poco e roso il freno, rinnegata finalmente la pazienza, gittò un motto, ch’ella sapeva qualche cosa, e che a suo tempo avrebbe parlato. Da quel punto in poi la signora non ebbe più pace. Non andò però molto che la conversa un mattino fu aspettata invano ai suoi uffici consueti: si andò a cercarla nella sua cella, e non vi si rinvenne; e chiamata ad alte voci, non risponde: fruga, rifrugra, rimugina, di qua, di là, di su, di giù, dalla cantina al solaio, non v’è in nessun luogo. E chi sa quali congetture si sarebbero fatte, se appunto nel cercare, non si fosse scoperto un gran foro nella muraglia dell’orto, il che fece argomentare ad ognuna che ella fosse sfrattata per di là. Si spedirono tosto corrieri su diverse vie per darle dietro e raggiungerla, si fecero grandi ricerche al di fuori: non se ne ebbe mai la più picciola notizia. Forse se ne sarebbe potuto