Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/38

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quale sigillava sempre i discorsi su queste materie: che ad un galantuomo il quale badi a sè e stia ne' suoi panni, non accadono mai brutti incontri.

Pensino ora i miei venticinque lettori che impressione dovesse fare sull’animo del poveretto, l’incontro che si è narrato. Lo spavento di quei visacci e di quelle parolacce, la minaccia d’un signore noto per non minacciare invano, un sistema di quieto vivere che era costato tanti anni di studio e di pazienza, sconcertato in un punto, e un passo stretto, scabroso da attraversare, un passo del quale non si vedeva la uscita: tutti questi pensieri ronzavano tumultariamente nel capo basso di don Abbondio. — Se Renzo si potesse mandare in pace con un bel no, via; ma egli vorrà delle ragioni; e che cosa ho io da rispondergli, per amor del cielo? E, e, e, anche costui è una testa: un agnello se nessuno lo tocca, ma se uno vuol contraddirgli ...... ih! E poi, e poi, perduto dietro a quella Lucia, innamorato come .... Ragazzacci, che per non saper che fare s’innamorano, vogliono maritarsi, e non pensano ad altro, non si fanno carico dei travagli in che pongono un povero galantuomo. Oh povero me! vedete se quelle due figuracce dovevano proprio

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