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quale si sentiva il furore contra il nemico scoperto: “posso aver fallato; ma si ponga la mano al petto, e pensi se nel mio caso...”

Così dicendo, egli s’era tratta la chiave di tasca e andava ad aprire. Don Abbondio gli tenne dietro, e mentre quegli girava la chiave nella toppa, se gli fece accanto, e con un volto serio ed ansioso, levandogli dinanzi agli occhi le tre prime dita della destra, come per aiutarlo anch’egli alla sua volta, “giurate almeno....” gli disse.

“Posso aver fallato; e mi scusi,” rispose Renzo, volgendo l’imposta, e disponendosi ad uscire.

“Giurate...” replicò don Abbondio, afferrandogli il braccio, con la mano tremante.

“Posso aver fallato,” ripetè Renzo, sprigionandosi da lui; e partì in furia, troncando così la quistione, che al pari d’una quistione di letteratura o di filosofia o d’altro, avrebbe potuto durare dei secoli, giacchè ognuna delle parti non faceva che replicare il suo proprio argomento.

“Perpetua! Perpetua!” gridò don Abbondio, dopo avere invano richiamato il fuggitivo. Perpetua non risponde: don Abbondio non sapeva più dove si fosse.

È accaduto più d’una volta a personaggi