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Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/150

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alla mattina, m’è toccata poi quella bella svegliata. Raccolse — poi tutta la paglia che sopravanzava all’intorno; e se l’assettò in dosso facendosene alla meglio una specie di coltre, per temperare il freddo, che anche là entro si faceva sentir molto bene; e vi si rannicchiò sotto, colla intenzione di fare un buon sonno, parendogli di averlo comperato in quella giornata anche più caro del dovere.

Ma appena ebbe chiuso occhio, cominciò nella sua memoria o nella fantasia (il luogo preciso non lo saprei indicare) cominciò, dico, un andare e venire di gente così affollato, così incessante, che gli fece andar lontano l’idea del sonno. Il mercante, il notaio, i birri, lo spadaio, l’oste, Ferrer, il vicario, la brigata dell’osteria, tutta quella turba delle vie, poi don Abbondio, poi don Rodrigo: e di tanti, nessuno che non portasse rimembranze di sventure, o di rancore.

Tre sole immagini gli venivano innanzi scevre d’ogni amaro ricordo, monde d’ogni sospetto, amabili in tutto; e due principalmento, molto dissimili al certo, ma strettamente collegate nel cuore del giovane: una treccia nera e una barba bianca. Ma la consolazione che pur provava nel fermare sovra di esse il pensiero, era tutt’altro che pura e tranquilla.