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quivi portato, come per forza, da una smania inesplicabile, piuttosto che condotto da un determinato disegno, vi stava anche come per forza, straziato da due opposte passioni: quel desiderio e quella speranza confusa di trovare un refrigerio al tormento interno, e dall’altra parte una stizza, una vergogna del venir lì come un pentito, come un sottomesso, come un miserabile a confessarsi in colpa, ad implorare un uomo: e non trovava parole, nè quasi ne cercava. Però, levando gli occhi al volto di quell’uomo, si sentiva più e più comprendere da un sentimento di venerazione imperioso insieme e soave che, crescendo la fiducia, addolciva il dispetto, e senza affrontar l’orgoglio, lo faceva dar luogo e tacere.
La presenza di Federigo era infatti di quelle che annunziano una superiorità, e la fanno amare. Il portamento era naturalmente composto, e quasi involontariamente maestoso, non punto incurvato nè impigrito dagli anni: l’occhio grave e vivido, la fronte schietta e pensosa; nella canizie, nel pallore, fra le tracce dell’astinenza, della meditazione, della fatica pure una specie di floridezza verginale: tutte le forme del volto indicavano che in altre età v’era stata quella che