Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/81

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A questa parola, chinò la testa, e stette qualche tempo, come assorto in una immaginazione; poi mise un gran sospiro, e sollevò una faccia con due occhi imbambolati, con un certo accoramento così svenevole, così sguaiato, che guai se chi ne era l’oggetto avesse potuto vederlo un momento. Ma quegli omacci che già avevano cominciato a prendersi spasso della eloquenza appassionata e avviluppata di Renzo, tanto più ne presero della sua cera compunta; i più vicini dicevano agli altri: guardate; e tutti si volgevano a lui; tanto che egli divenne il zimbello della brigataccia. Non già che tutti fossero nel loro buon senno, o nel loro qual si fosse senno ordinario; ma a dir vero, nessuno ne era tanto uscito, quanto il povero Renzo: e per soprappiù egli era forese. Si diedero, or l’uno or l’altro, a stuzzicarlo con inchieste sciocche, e grossolane, con cerimonie beffarde. Egli, ora dava segno di scandalezzarsi, ora pigliava la cosa in riso, ora, senza badare a tutte quelle voci, parlava di tutt’altro, ora rispondeva, ora interrogava; sempre a balzi e a sproposito. Per buona sorte, in quel vaneggiamento, gli era però rimasta come un’attenzione istintiva a scansare i nomi delle persone; di modo che anche quello che doveva esser più altamente fitto