Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/91

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ho un bel gusto anch’io a pigliar la penna in mano!: ma non siete mica voi altri soli a voler le cose a vostro modo. Lo so anch’io che c’è delle gride che non contano niente: bella novità, da venircela a raccontare un montanaro! Ma tu non sai tu che le gride contra gli osti contano. E pretendi girare il mondo, e parlare; e non sai che, a voler fare a suo modo, e aver le gride in tasca, la prima cosa è non dirne male in publico. E per un povero oste che fosse del tuo parere, e non cercasse il nome di chi capita a favorirlo, sai tu, bestia, che cosa c’è di buono? Sotto pena a qual si voglia dei detti osti, tavernai ed altri, come sopra, di trecento scudi: son lì covati trecento scudi; e per ispenderli così bene; da essere applicati, per i due terzi, alla regia Camera, e l’altro all’accusatore o delatore: quel bel cecino! Ed in caso di inabilità, cinque anni di galera, e maggior pena, pecuniaria o corporale, all’arbitrio di sua eccellenza. Obbligatissimo alle sue grazie. –

A queste parole, l’oste poneva piede sulla soglia del palazzo del capitano di giustizia.

Quivi, come a tutte le altre segreterie, era una gran faccenda: da per tutto si attendeva a dare gli ordini che parevano più atti a preoccupare il giorno vegnente, a togliere i pretesti