Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/168

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imposte alla meglio, chi in crocchio a piangere, a far lamento insieme; e, al passare della carrozza, mani di qua e di là tese agli sportelli, per implorare elemosina.

Con queste immagini, ora dinanzi agli occhi, ora nella mente, e coll’aspettazione di trovare il simigliante a casa loro, vi giunsero; e trovarono infatti quel che si aspettavano.

Agnese fece deporre i fagotti in un angolo del cortiletto, ch’era rimasto il luogo più pulito della casa; si diede poi a spazzarla, a raccogliere e a rigovernare quel poco di roba che le era stato lasciato; fe’ venire un falegname e un ferraio, per riadattare le imposte; e, sballando poi la biancheria donata, e noverando in segreto quei nuovi ruspi, sclamava tra sè e sè: — son caduta in piedi: sia ringraziato Iddio e la Madonna e quel buon signore: posso proprio dire d’esser caduta in piedi. —

Don Abbondio e Perpetua entrano in casa, senza aiuto di chiavi; ad ogni passo che danno nell’andito, senton crescere un tanfo, un morbo, un veleno, che li butta indietro; colla mano sul naso, s’avanzano all’uscio della cucina; entrano in punta di piedi, studiando dove porli, per ischifare le parti più luride