Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/231

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affermato che il cardinal Federigo dubitasse del fatto delle unzioni1. Noi vorremmo poter dare a quell’inclita e amabile memoria una lode ancor più intera, e rappresentare il buon prelato, in questo, come in tante altre cose, singolare dalla folla de’ suoi contemporanei; ma siamo in quella vece costretti di notar di nuovo in lui un esempio della prepotenza d’una opinione comune anche sulle menti più nobili. S’è veduto, almeno dal modo con cui il Ripamonti riferisce i suoi pensieri, come da principio egli stesse veramente in dubbio: tenne poi sempre che in quella opinione avesse gran parte la corrività, l’ignoranza, la paura, il desiderio di scusare la lunga trascuranza nel guardarsi dal contagio; che molto vi fosse di esagerato; ma insieme, che qualche cosa vi fosse di vero. Nella biblioteca ambrosiana si conserva, scritta di sua mano, un’operetta intorno a quella peste; ed ecco uno di molti luoghi dove è espresso un tale suo sentimento. “Del modo di comporre e di spargere siffatti unguenti si dicevano molte e varie cose: delle quali, alcune abbiamo per vere, altre ci paiono affatto imaginarie2

  1. Muratori, Del governo della peste. Modena 1714. pag. 117. — P. Verri, opuscolo citato, pag. 261.
  2. Unguenta vero haec aiebant componi conficique multi-