Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/262

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cento colori, di cento forme, di cento stature: spighette, pannocchiette, ciocche, mazzetti, capolini bianchi, rossi, gialli, azzurri. Tra la marmaglia spiccavano alcune piante più rilevate, più appariscenti, non però migliori, almeno la più parte; l’uva turca al di sopra d’ogni altra, co’ suoi rami allargati, rosseggianti, co’ suoi pomposi foglioni verdebruni, quale già orlato di porpora alla cima, co’ suoi grappoli ricurvi, guerniti di bacche perse al basso, più su di porporine, poi di verdi, e in vetta di fiorellini biancastri; il tasso barbasso, colle sue grandi foglie lanose a terra e lo stelo diritto all’aria, e le lunghe spighe sparse e come stellate di vivi fior gialli: cardi, ispidi i rami, le foglie, i calici, donde uscivano ciuffetti di fiori bianchi o porporini, ovvero si spiccavano, rapiti dall’aria, pennacchiuoli argentati e leggieri. Qui una mano di vilucchioni rampicati e avvolti ai nuovi rampolli d’un gelso, gli avevan tutti ricoperti delle lor foglie pendule, appuntate a terra, e spenzolavano dalla cima di quelli le lor campanelle candide e molli: là una brionia dalle bacche vermiglie s’era avviticchiata ai nuovi sermenti d’una vite; la quale, cercato indarno un più saldo sostegno, aveva appiccati a vicenda i suoi viticci a quella; e, mescendo i loro de-

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