Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/303

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monattuccio assaggi di quello della sua cantina? Vede bene: si fa certe vite: siam quelli che l’abbiam messa in carrozza, per menarla in villeggiatura. E poi, già a loro signori il vino fa male per poco: i poveri monatti han buono stomaco.”

E fra le risate de’ compagni, tolse il fiasco, lo sollevò, ma prima di bere, si volse a Renzo, gli fissò gli occhi in volto e gli disse, in una cert’aria di compassione sprezzante: “bisogna che il diavolo con chi tu hai fatto il patto, sia ben giovane; chè, se non eravamo noi a salvarti, egli ti dava un bell’aiuto.” E, fra un nuovo scroscio di. risa, si appiccò il fiasco alle labbra.

“E noi? ohe! e noi?” si gridò a più voci dal carro che precedeva. Il birbone, tracannato quanto ne volle, consegnò a due mani il gran fiasco a quegli altri suoi simili, i quali se lo andaron trasmettendo, fino ad uno che, votatolo, lo impugnò pel collo, lo rotò in aria una e due volte, e lo scagliò a fracassarsi in sulle lastre, gridando: “viva la morìa!” Dietro a queste parole intonò una loro canzonaccia; e tosto alla sua voce s’accompagnarono tutte le altre di quel turpe coro. La cantilena infernale mista al tintinnìo de’ campanelli, al cigolìo, allo scalpito, riso-