Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/37

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mente, che non son mie, che sono di Chi può dare a voi e a me la forza necessaria, per far ciò che prescrivono.”

— Oh che sant’uomo! ma che tribolatore! — pensava don Abbondio; — anche sopra di sè: purchè frughi, rimescoli, critichi, inquisisca; anche sopra di sè. — Disse poi, ad alta voce: “oh monsignore! mi burla? Chi non conosce il petto forte, lo zelo imperterrito di vossignoria illustrissima!” E in cuor suo soggiunse: — anche troppo. —

“Io non vi domandava una lode, che mi fa tremare,” disse Federigo; “perchè Dio conosce i miei mancamenti, e quel ch’io stesso ne conosco, basta confondermi. Ma avrei voluto, vorrei, che ci confondessimo insieme dinanzi a Lui, per confidare insieme. Vorrei, per amor di voi, che sentiste come la vostra condotta sia stata, come il vostro linguaggio sia opposto alla legge che pur predicate, e secondo la quale sarete giudicato.”

“Tutto si rovescia addosso a me,” disse don Abbondio: “ma queste persone che son venute a rapportare, non le hanno poi detto d’essermisi introdotte in casa a tradimento, per sorprendermi, e per fare un matrimonio contro le regole.”

t. iii.