Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/373

Da Wikisource.

367

anonimo l’avesse intesa da lui più d’una volta) egli stesso, a questo luogo, diceva che di quella notte non si ricordava che come se l’avesse passata in letto a sognare. Fatto sta che, sul finir di essa, si trovò disceso all’Adda.

Non era spiovuto mai; ma, a un certo tempo, da diluvio l’era divenuta pioggia e poi un’acquerugiola fina, cheta, uguale uguale: le nubi alte e rade facevano un velo continuo, ma leggiero e diafano; e il lume del crepuscolo lasciò vedere a Renzo il paese d’intorno. V’era dentro il suo; e quello ch’egli ne provasse non si saprebbe significare. Altro non so dire, se non che quei monti, quel Resegone vicino, il territorio di Lecco, era come diventato tutto roba sua. Gittò anche l’occhio addosso a sè, e si trovò un po’ strano, quale a dir vero, da quel che si sentiva, s’imaginava anche di dover parere: sciupata e come impigliata addosso ogni cosa: dal cocuzzolo alla cintola, tutto un mollume, una gronda; dalla cintola alle suola, poltiglia e loto: i luoghi dove non ve ne fosse si sarebber potuti chiamare essi zacchere e schizzi. E se si fosse veduto tutto intero in uno specchio, con le falde del cappello flosce e spenzolanti, e i capelli stirati e incollati sul