Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/405

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d’un discorso. Per esempio, adesso mo che siamo qui, che tutto è finito; quel latino che andava cavando fuori, qui proprio, in quel cantone, per darmi ad intendere che non poteva, e che ci voleva delle altre cose, e che so io, me lo tragga un po’ in volgare adesso.”

Taci lì buffone, taci lì: non rimescolar queste cose; chè, se dovessimo ora fare i conti, non so chi avrebbe a avere. Io ho perdonato tutto: non ne parliamo più: ma me ne avete fatti dei tiri. Di te non mi fa stupore, che sei un malandrinaccio; ma dico quest’acqua cheta, questa santarella, che si sarebbe creduto far peccato a guardarsene. Ma già, so io chi l’aveva ammaestrata, so io, so io.” Così dicendo, appuntava e vibrava verso Agnese l’indice che prima aveva tenuto rivolto a Lucia: nè si potrebbe significare con che bonarietà, con che piacevolezza facesse quei rimproveri. Quella notizia gli aveva dato una disinvoltura, una parlantina, insolita da gran tempo; e saremmo ancor ben lontani dalla fine, se volessimo riferire tutto il resto di quella conversazione, ch’egli prolungò, ritenendo più d’una volta la brigata pronta a partire, e fermandola poi ancora un pochetto in su l’uscio da via, sempre a parlar di bubbole.