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CAPITOLO VI. 115


“ Il signor curato va cavando fuori certe ragioni senza sugo, per tirare in lungo il mio matrimonio; e io in vece vorrei spicciarmi. Mi dicon di sicuro che, presentandosegli davanti i due sposi, con due testimoni, e dicendo io: questa è mia moglie, e Lucia: questo è mio marito, il matrimonio è bell’e fatto. M’hai tu inteso? ”

“ Tu vuoi ch’io venga per testimonio? ”

“ Per l’appunto. ”

“ E pagherai per me le venticinque lire? ”

“ Così l’intendo. ”

“ Birba chi manca. ”

“ Ma bisogna trovare un altro testimonio. ”

“ L’ho trovato. Quel sempliciotto di mio fratel Gervaso farà quello che gli dirò io. Tu gli pagherai da bere? ”

“ E da mangiare, ” rispose Renzo. “Lo condurremo qui a stare allegro con noi. Ma saprà fare? ”

“ Gl’insegnerò io: tu sai bene ch’io ho avuta anche la sua parte di cervello. ”

“ Domani... ”

“ Bene. ”

“ Verso sera... ”

“ Benone. ”

“ Ma...! ” disse Renzo, mettendo di nuovo il dito alla bocca.

“ Poh...! ” rispose Tonio, piegando il capo sulla spalla destra, e alzando la mano sinistra, con un viso che diceva: mi fai torto.