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della colonna infame | 773 |
In questi passi, e in qualche altro de’ citati sopra, si può anche notare come alla crudeltà cerchino d’associar l’idea dell’ignoranza. E per la ragion contraria, raccomandano, in nome della scienza, non meno che della coscienza, la moderazione, la benignità, la mansuetudine. Parole che fanno rabbia, applicate a una tal cosa; ma che insieme fanno vedere se l’intento di quegli scrittori era d’aizzare il mostro, o d’ammansarlo.
Riguardo poi alle persone che potessero esser messe alla tortura, non vedo cos’importi che niente ci fosse nelle leggi propriamente nostre, quando c’era molto, relativamente al resto di questa trista materia, nelle leggi romane, le quali erano in fatto leggi nostre anch’esse.
“Uomini”, prosegue il Verri, “ignoranti e feroci, i quali senza esaminare donde emani il diritto di punire i delitti, qual sia il fine per cui si puniscono, quale sia la norma onde graduare la gravezza dei delitti, qual debba esser la proporzione tra i delitti e le pene, se un uomo possa mai costringersi a rinunziare alla difesa propria, e simili principii, dai quali intimamente conosciuti, possono unicamente dedursi le naturali conseguenze più conformi alla ragione ed al bene della società; uomini, dico, oscuri e privati, con tristissimo raffinamento ridussero a sistema e gravemente pubblicarono la scienza di tormentare altri uomini, con quella tranquillità medesima colla quale si descrive l’arte di rimediare ai mali del corpo umano: e furono essi obbediti come legislatori, e si fece un serio e placido oggetto di studio, e si accolsero alle librerie legali i crudeli scrittori che insegnarono a sconnettere con industrioso spasimo le membra degli uomini vivi, e a raffinarlo colla lentezza e coll’aggiunta di più tormenti, onde rendere più desolante e acuta l’angoscia e l’esterminio.”
Ma come mai ad uomini oscuri e ignoranti potè esser concessa tanta autorità? dico oscuri al loro tempo, e ignoranti riguardo ad esso; chè la questione è necessariamente relativa; e si tratta di vedere, non già se quegli scrittori avessero i lumi che si posson desiderare in un legislatore, ma se n’avessero più o meno di coloro che prima applicavan le leggi da sè, e in gran parte se le facevan da sè. E come mai era più feroce l’uomo che lavorava teorie, e le discuteva dinanzi al pubblico, dell’uomo ch’esercitava l’arbitrio in privato, sopra chi gli resisteva?
In quanto poi alle questioni accennate dal Verri, guai se la soluzione