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DELLA COLONNA INFAME | 779 |
Si vede qui un momento notabile della scienza, che, misurando il suo lavoro, n’esige il frutto; e dichiarandosi, non aperta riformatrice (chè non lo pretendeva, nè le sarebbe stato ammesso), ma efficace ausiliaria della legge, consacrando la propria autorità con quella d’una legge superiore ed eterna, intima ai giudici di seguir le regole che ha trovate, per risparmiar degli strazi a chi poteva essere innocente, e a loro delle turpi iniquità. Triste correzioni d’una cosa che, per essenza, non poteva ricevere una buona forma; ma tutt’altro che argomenti atti a provar la tesi del Verri: «nè gli orrori della tortura si contengono unicamente nello spasimo che si fa patire... ma orrori ancora vi spargono i dottori sulle circostanze di amministrarla1.»
Ci si permetta in ultimo qualche osservazione sopra un altro luogo da lui citato; chè l’esaminarli tutti sarebbe troppo in questo luogo, e non abbastanza certamente per la questione. «Basti un solo orrore per tutti; e questo viene riferito dal celebre Claro milanese, che è il sommo maestro di questa pratica: — Un giudice può, avendo in carcere una donna sospetta di delitto, farsela venire nella sua stanza secretamente, ivi accarezzarla, fingere di amarla, prometterle la libertà affine d’indurla ad accusarsi del delitto, e che con un tal mezzo un certo reggente indusse una giovine ad aggravarsi d’un omicidio, e la condusse a perdere la testa. — Acciocchè non si sospetti che quest’orrore contro la religione, la virtù e tutti i più sacri principii dell’uomo sia esagerato, ecco cosa dice il Claro: Paris dicit quod judex potest, etc.2.»
Orrore davvero; ma per veder che importanza possa avere in una question di questa sorte, s’osservi che, enunciando quell’opinione, Paride dal Pozzo3 non proponeva già un suo ritrovato; raccontava, e pur troppo con approvazione, un fatto d’un giudice, cioè uno de’ mille fatti che produceva l’arbitrio senza suggerimento di dottori; s’osservi che il Baiardi, il quale riferisce quell’opinione, nelle sue aggiunte al Claro (non il Claro medesimo), lo fa per detestarla anche lui, e per qualificare il fatto di finzione diabolica4; s’osservi che non cita alcun altro il quale sostenesse un’opinion tale, dal tempo di Paride