Pagina:I ricordi del Capitano D'Arce.djvu/41

Da Wikisource.

Giuramenti di marinaio 31

posto di lei rimaneva vuoto, a destra del capitano. Ma l’udivo muoversi nella cabina, dietro le mie spalle, con un fruscio d’abiti che mi turbava, a volte sommesso, quasi timido e pudibondo, a volte alto e brusco, come agitato da un’improvvisa fantasia. Che diavolo faceva la bella signora? Si sentiva male? Stava per coricarsi? Non la finiva più di sgusciare delle sottane e di sfibbiare dei ganci?... Il vestito, no.... Quello non era il frù-frù vivo della seta.... Era piuttosto il fruscìo molle della biancheria più intima. Pareva di sentirne il profumo all’ireos. Il fatto è che mi guastava il pranzo, mi dava delle distrazioni, una tensione d’udito in cui sembravami di vedere ogni parte del suo vestiario, a misura che le passava per le mani, di vederla nelle bottiglie e negli specchi dirimpetto, colle braccia nude, pettinandosi per la notte. — Brutta notte che avrei passato con quella cabina attaccata alla mia! — Povera Ginevra, le parlava il cuore! — Talchè non volli aspettare neppure il caffè, e andai sul ponte a fumare un sigaro.... e pensare a lei....

— Bravo, d’Arce! Venite a farmi compagnia, — udii una voce che mi chiamava da poppa. Proprio la Maio, che desinava tranquillamente, al lume della bussola, col piatto sulle ginocchia.