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— Sì, — rispose Capolino. — Me l’ha detto Flaminio stamattina.
— E tu a Flaminio potresti dire, — seguitò Nicoletta, raccogliendosi sotto le coperte, — che sono pronta anch’io a partire; ma non sola. Poichè parte l’ingegnere....
— Ah, già! — esclamò Capolino. — Benissimo! Potresti accompagnarti con lui....
— Buona notte, caro!
— Buona notte.
A domani, per sempre.
Fermamente convinto d’aver sempre avuto contraria la sorte, fin dalla nascita, Flaminio Salvo credeva che, soltanto con l’assidua difesa d’una volontà sempre vigile e incrollabile, e opponendosi con atti, che egli stesso stimava duri, contro tutti coloro che si eran fatti e si facevano strumenti ciechi di essa, avesse potuto vincerla finora.
Ma l’avversione della sorte, non potendo su lui, s’era rivolta con ferocia su i suoi, su la moglie, sul figlio: ora anche, con quella passione invincibile, su la figlia. In queste sciagure egli sentiva veramente come una vendetta vile e crudele; e questo sentimento non solo gli toglieva il rimorso di tutto il male che sapeva d’aver commesso, ma gl’ispirava anzi vergogna di qualche debolezza passeggera, e quasi lo abilitava a commettere altro male, sia per vendicarsi a sua volta della sorte, sia per non essere egli stesso sopraffatto.
Non si poneva neppur lontanamente il dubbio, che potesse in fondo non essere un male quella