Pagina:I vecchi e i giovani Vol. I Pirandello.djvu/160

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Nel santuario.


Quella visita alla famosa stanza del Generale, detta per antonomasia il Camerone, era una grazia veramente particolare concessa a Dianella Salvo. Mauro Mortara, che ne teneva la chiave, non vi lasciava entrar mai nessuno. E non l’uscio soltanto, ma anche le persiane dei due terrazzini e della finestra stavano sempre chiuse, quasi che l’aria e la luce, entrandovi apertamente, potessero fugare i ricordi raccolti e custoditi con tanta gelosa venerazione.

Certo, dopo la partenza del vecchio principe per l’esilio, uscio e finestre erano stati spalancati chi sa quante volte; ma il Mortara, da che era ritornato a Valsanìa, aveva tenute almeno le persiane sempre chiuse così, e aveva l’illusione che così appunto fossero rimaste da allora, sempre, e che però quelle pareti serbassero ancora il respiro del Generale, l’aria di quel tempo.

Questa illusione era sostenuta dalla vista della suppellettile rimasta intatta, tranne la lettiera d’ottone a baldacchino, che non aveva più nè materasse, nè tavole, nè l’ampio parato a padiglione.

Quella penombra era così propizia alla rievocazione dei lontani ricordi!

Mauro, ogni volta, girava un po’ per la stanza; si fermava innanzi a questo o a quel mobile decrepito, dall’impiallacciatura gonfia e crepacchiata qua e là; poi andava a sedere sul divano imbottito d’una stoffa verde, ora ingiallita, con due rulli alla base di ciascuna testata, e lì, con gli occhi socchiusi, lisciandosi con la piccola mano tozza e vigorosa la