Pagina:I vecchi e i giovani Vol. I Pirandello.djvu/25

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bagnati e intirizziti, sotto quell’ombrello sforacchiato, non davano a vedere che potessero esser molto temibili le loro imprese rivoluzionarie.

Nessuno poteva vederlo meglio di Marco Préola, il quale, avendo già da un pezzo abbandonato alla mercè del caso la propria vita, tenuta per niente e sprezzata da lui stesso, più che dagli altri, senza più nè affetti nè fede in nulla, sciolta non pur d’ogni regola, ma anche d’ogni abitudine, e gettata in preda a ogni capriccio improvviso e violento, tutto vedeva buffo e vano e tutto e tutti derideva, sfogando in questa derisione le scomposto energie non comuni dell’animo esacerbato.

Egli sapeva che, tre giorni addietro, quei due si erano recati alla marina di Porto Empedocle a catechizzare i facchini addetti all’imbarco dello zolfo, gli scaricatori, gli stivatori, i marinai delle spigonare, i carrettieri, i pesatori, per raccoglierli in fascio. Vedendoli di ritorno a quell’ora, in quello stato, arricciò il naso, si fermò in mezzo allo stradone ad aspettarli per accompagnarsi con loro fino a Girgenti; quando gli furon vicini, aprì le braccia, quasi per reggere un fiasco, di que’ grossi, e disse loro:

— Andiamo; niente: lo porto io.

Il Pigna s’arrestò e, sforzandosi di dirizzarsi meglio sul braccio, squadrò con disprezzo il Préola. Il corpo, tutto groppi e nodi; ma una faccia da bambolone aveva, senza un pelo, arrossata su le gote dal salso che gli aveva dato fuori a la pelle, e un pajo d’occhi neri, smaltati e mobilissimi, da matto, sotto un cappellaccio turchino, tutto sbertucciato, che lo faceva somigliare a quei fantocci che schizzan su dalle scàtole a scatto.

Marco Préola lo chiamò con un vezzeggiativo dispettosamente bonario, e gli disse ammiccando: