Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Marco Sala!„ — “Va bene!„ — risponde allora il vocione di lassù; e subito dopo sento sbattere di nuovo e sprangare la finestra. Restai come un allocco. Non mi avevano dato il tempo di parlare, e andava bene? Mi scrollai dalla rabbia, pensando che per far piacere al Guarnotta, che se ne stava al coperto, io, col rischio di prendere un malanno, per giunta ero passato forse per matto o per ubbriaco. Chi poteva girare a quell’ora, con quel tempo? Ora, avevo fatto pochi passi, quando sentii per lo Stretto un rintocco di campana, lento, che mi fece sobbalzare: Don.... — E il vento propagò il suono, lugubremente, per la notte. Poi, di nuovo, don e don — altri rintocchi lenti; saranno stati quindici; non ci badai più. Arrivato a casa, mi strappai gli abiti, che mi s’erano appiccicati addosso; mi asciugai ben bene; mi cacciai a letto, e buona notte. La mattina dopo, mi alzo presto, com’è mia abitudine, vado per aprire la porta, e indovinate chi mi trovo davanti? I portantini col cataletto. Appena mi vedono, levano le braccia, danno un balzo indietro; rimangono basiti: — “Don Marco! Ma come? Voscenza non è morto?„ — Figliacci di cane! — grido io, levando il bastone. E quelli: — “Sissignore.... A Sant’Anna, stanotte, sono venuti ad avvertire che Voscenza era morto!„ — Quella campana, capite? aveva sonato a morto per me. Ed ero andato io. stesso ad annunziare la mia morte.
Benchè la storiella non fosse allegra, le ultime parole del Sala furono accolte dalle risa degli amici.
— Ridete? — diss’egli. — Eppure chi sa se non sono morto davvero, io, allora, cari miei! Ma sì! Posso dire che quella fu l’ultima nottata allegra della mia gioventù! Forse, ripensandoci, l’impressione di quei rintocchi mi s’è fissata, mal augurosa;