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terava dallo sdegno, acceso maggiormente dall’indignazione dell’Agrò, che prorompeva di tratto in tratto, accennando di turarsi le orecchie e buttandosi indietro:
— Oh vigliacchi! oh vigliacchi!
A un certo punto il Mattina si vide strappar di mano il giornale. Guido Verònica, pallidissimo, col volto scontraffatto dall’ira, aprì, tutto vibrante, lo sportello della vettura, ne balzò fuori e, senza sentire i richiami del Canonico, tanto per cominciare si lanciò di furia tra un crocchio di gente, in mezzo al quale stava il Capolino, a cui schiaffò in faccia il giornale, stropicciandoglielo sul muso.
L’aggressione fu così fulminea, che tutti restarono per un momento storditi e sgomenti, poi s’avventarono addosso all’aggressore: accorse gente, vociando, da tutte le parti: nel mezzo era la mischia, fitta: volavano bastonate, tra urli e imprecazioni. Il Mattina non ebbe tempo nè modo di cacciarsi in difesa del Verònica; ma, poco dopo, l’abbaruffìo, lì nel forte, s’allargò: la rissa era partita. Il Canonico chiamava, smaniando, dalla vettura il Mattina. Questi udì alla fine e si volse; ma vide in quella il Verònica senza cappello, senza lenti, strappato, terreo, ansimante, tra una frotta di giovani che evidentemente lo difendevano, e accorse. Ritornò, poco dopo, alla vettura del Canonico:
— Niente, — dice; — stia tranquillo; andiamo pure; è tra amici; se l’è cavata bene.
Il Canonico tremava tutto.
— Signore Iddio, Signore Iddio.... che scandalo.... Ma perchè?... Schifosi.... Non conveniva sporcarsi le mani.... E ora che avverrà?
— Oh, — fece con una certa sprezzatura il Mattina. — Un duello: è semplicissimo.... o una que-