Pagina:Iacopone da Todi – Le Laude, 1915 – BEIC 1853668.djvu/176

Da Wikisource.


LXXIII

Del gran prezo dato per vil derrata,
cioè Cristo per l’omo

     O derrata, guarda al prezo, — se te vuoli enebriare;
ca lo prezo è ’nebriato — per lo tuo enamorare.
     Lo tuo prezo è ’nebriato, — de cielo en terra è desciso;
piú che stolto reputato, — lo re de paradiso
a que comparar s’è miso — a sí gran prezo voler dare?
     Aguardate esto mercato, — che Dio patre ci ha envestito,
angeli, troni, principato — ostopiscon de l’audito:
lo Verbo de Dio infinito — darse a morte per me trare.
     Ostupisce cielo e terra, — mare ed onne creatura;
per finir meco la guerra — Dio ha presa mia natura,
la superbia mia d’altura — se vergogna d’abassare.
     O ebrieza d’amore, — como volesti venire
per salvar me peccatore? — Se’ te messo a lo morire,
non saccio altro ch’ensanire — poiché m’hai voluto ensegnare.
     Poiché lo saper de Dio — è empazato de l’amore,
que farai, o saper mio? — Non vol gir po’ ’l tuo Signore?
Non pòi aver maiur onore — ch’en sua pazia conventare.
     O celeste paradiso, — encoronato stai de spina,
ensanguinato, pisto, alliso — per darmete en medicina;
grave è stata mia malina — tanto costa el medicare.
     Nullo membro ce par bello — stare so ’l capo spinato,
che non senta lo flagello — de lo capo tormentato;
vegio lo mio Sire empicato — ed io volerme consolare.
     O Signor mio, tu stai nudo — ed io abondo nel vestire,
non par bello questo ludo: — io satollo e tu en famire,
tu vergogna sofferire, — ed io onore aspettare.