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lauda xci 225


     Tua profonda basseza — sí alto è sublimata,
en sedia collocata — con Dio sempre regnare.
En quella somma alteza — en tanto se’ abissata,
che giá non è trovata — ed en sé non appare.
E questo è tal montare — onde scendi, e salire,
chi non l’ha per sentire, — giá non è entendetore.
     Riccheza che possedi — quando hai tutto perduto,
giá non fo mai veduto — questo simel baratto.
O luce che concedi — defetto essere aiuto,
avendo posseduto — virtú fuor de suo atto,
questo è novel contratto — ove vita s’enferma,
enfermando se ferma, — cade e cresce en vigore.
     Defetti fai profetti, — tal luce teco porti,
e tutto sí aramorti — ciò che puoi contradire.
Tuoi beni son perfetti — tutti altri sí son torti,
per te sí vivon morti, — gl’infermi fai guarire.
Perché sai envenire — nel tosco medicina,
fermeza en gran ruina — en tenebre splendore.
     Te posso dir giardino — d’ogne fiore adornato,
dove sí sta piantato — l’arbore de la vita.
Tu se’ lume divino, — da tenebre purgato,
ben tanto confermato — che non pati ferita.
E, perché se’ unita — tutta con veritate,
nulla varietate — ti muta per timore.
     Mai trasformazione — perfetta non può fare
né senza te regnare — amor, quanto sia forte.
Ad sua possessione — non può virtú menare
né mente contemplare, — se de te non ha sorte.
Mai non si serran porte — a la tua signoría,
grande è tua baronia, — star co l’emperadore.
     De Cristo fusti donna — e de tutti gli santi,
regnar con doni tanti — con luce tutta pura.
Però pregam Madonna — ched essa sí n’amanti,
davanti a lei far canti, — amar senza fallura.
Veder senza figura — la somma veritate
con la nichilitate — del nostro pover core.


Fra Iacopone. 15