Pagina:Iacopone da Todi – Le Laude, 1915 – BEIC 1853668.djvu/275

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nota 269


umbreggianti di tutte le altre. Quanto alle tre poesie citate dal Brugnoli, che non si trovano se non nei codici umbri, si potrebbe osservare che anche su quella che incomincia

Oimè! lasso dolente

l’editore fiorentino non ha mancato di esprimere qualche dubbio.

L’avvertenza alla lauda xcvi dice infatti: «Questa lauda seguente era pur nel dicto libro antiquo [nel Perugino del 1336] et ancora in alcuni todini, benché paia assai bassa como la xx in ordine, che incomenza ‘Oimè, lasso dolente’»1.

Ma siano o no queste ultime rime da attribuire sicuramente a Iacopone, il fatto che solo di alcune poche poesie della raccolta bonaccorsiana si possa dubitare, e che il dubbio non sia condiviso da tutti gli studiosi, dimostra che l’edizione principe merita la maggiore fiducia in fatto di attribuzioni.

Ed alla autoritá della Principe il Brugnoli stesso giustamente fa appello2 a proposito della tanto discussa autenticitá della satira

O papa Bonifazio — molt’hai iocato al mondo.

Questa poesia, che fa parte di un gruppo abbastanza numeroso di satire contro i falsi prelati e contro colui che nella mente del fiero assertore della rigida regola francescana appariva come

Lucifero novello — a sedere en papato,

ebbe molta fortuna nel secolo xiv. Nell’ambiente religioso e politico non erano ancora spenti gli echi della feroce lotta combattutasi tra il papa e la parte ghibellina, sostenuta dal re di Francia; in quella satira o, meglio, in quella invettiva Iacopone si fa interprete di tutti i risentimenti provocati dal Caetani e con inaudita violenza di linguaggio, che ha sgomentato i suoi troppo ortodossi commentatori, investe il papa, accusandolo di simonia, di nepotismo, di aviditá verso i soggetti, di sete indomabile di potere, e gli predice l’ultima ruina. I famosi versi profetici:

subito hai ruina — sei preso en tua magione
e nullo se trovòne — a poterte guarire
.   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   

  1. Vedi p. 236.
  2. Op. cit., p. cxlvi sgg. E vedi anche D’Ancona, op. cit., p. 84, n. 2, ove si confuta l’opinione di A. Tenneroni.