Pagina:Iacopone da Todi – Le Laude, 1915 – BEIC 1853668.djvu/98

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     La Penetenza manda Orazione
che dica a corte quel che è scontrato,
com’ella sede un gran confusione,
ché del satisfar troppo è l‘om privato:
— Misericordia peto e non Ragione
ed io la voglio lei per advocato;
de lacrime gli faccio offerzione
del cor contrito e molto amaricato. —
     La Misericordia entra en corte
e la sua ragione sí ha allegato:
— Mesere, io me lamento de mia sorte,
ché la Iustizia sí me n’ha privato:
se l’om peccò e fece cose torte,
lo mio officio non c’è adoperato;
me co l’omo ha ferito a morte
de tutto mio onor sí m’ha spogliato. —
     Iustizia s’appresenta ’nante ’l Rege,
a la questione fa responsura:
— Mesere, a l’om fo posto la lege,
volsela sprezare per sua fallura;
la pena gli fo data e non se tege
secondo la offensanza la penura;
cerca lo iudicio e correge
se nulla cosa è fatta fuor mesura.
     — Meser, non me lamento del iudicio
ch’ello non sia fatto con ragione;
lamentome ch’io non ci agio officio,
staragioce per zifra a la magione;
so demorata teco ab initio
giamai non sentie confusione;
del mio dolor veder ne poi lo ’ndicio
quanto so amaricata ed ho cagione. —
     Lo Patre onnipotente en caritate
lo suo voler sí ha demostrato,
e lo tesauro de la largitate
a la Misericordia ha donato,