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Sopra lo fermamento — lo qual si è stellato,
d’ogne virtute ornato, — e sopre al cristallino
ha fatto salimento: — puritate ha passato,
terzo ciel ha trovato, — ardor de serafino.
Lume tanto divino — non se può maculare
140né per colpa abassare — né en sé sentir fetore.
Onne fede si cessa, — ché gli è dato vedere
speranza, per tenere — colui che procacciava.
Desiderio non s’apressa, — né forza de volere,
temor de permanere: — ha piú che non amava.
Veder ciò che pensava, — tutto era cechitate,
146fame de tempestate, — simiglianza d’errore.
En quello cielo empirò — si alto è quel che trova,
che non ne può dar prova — né con lengua narrare.
E molto piú m’amiro — corno si se renova,
en fermeza si nova — che non può figurare.
E giá non può errare, — cadere en tenebria:
152la notte è fatta dia, — defetto grande amore.
Como aere dá luce, — se esso lume è fatto,
corno cera desfatto — a gran foco mostrata:
en tanto si reluce — ad quello lume tratto,
tutto perde suo atto, — volontate è passata.
La forma che gli è data — tanto si l’ha absorto,
158che vive stando morto, — è vinto ed è vittore.
Non gir chirendo en mare — vino, se’l ce mettessi,
che trovar lo potessi, — ché’l mar l’ha recevuto:
e che’l possi preservare — e pensar che restesse
ed en sé remanesse, — par che non fosse suto.
L’amor si l’ha bevuto, — la veritá mutato,
164lo suo è barattato, — de sé non ha vigore.
Volendo giá non vole, — ché non ha suo volere:
e giá non può volere — se non questa belleza.
Non demanda co suole, — non vuole possedere:
ha si dolce tenere, — nulla c’è sua forteza.
Questa si somma alteza — en nichilo è fondata,
170nichilata, formata, — messa nello Signore.