Pagina:Iacopone da Todi – Le Laude, 1930 – BEIC 1854317.djvu/90

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— E1 nome del mio albergo — di’ che è umilitate;
omo che voi venire, — trovarne en veritate;
e le spese dicete — che tutte le voglio fare. —
— Ancora me dicete — qual legerite arte:
manda per tutto’l mondo — che se leggan tue carte;
35 vengan poi d’onne parte — a la scola a’mparare. —
— Io ensegno amare, — e questa è l’arte mia:
ed omo che la ’mprende, — con Dio fa compagnia;
se noi perde a follia, — con lui sta a delettare. —
— Ed omo che non ha libro — corno porrá emprendere?
Ancor non l’audii — ch’om lo trovasse a vendere;
41 rascion porramo ostendere — per nostra scusa mostrare. —
— Io son libro de vita, — segnato de sette signi;
poi ch’io siraggio aperto, — troverai cinque migni,
son de sangue vermigni, — ove porran studiare. —
— Forsa quella scrittura — ha si forte construtto,
che non la porria entendere — chi non fosse ben instrutto:
47 staria tutto derutto — a non potendo prò fare. —
— ’Nante è la scrittura, — che omne studiante
si ce pò ben legere — e proficere enante:
notace l’alifante, — e l’aino ce pò pedovare.
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