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Com’era da prevedersi, stringemmo nuovamente amicizia con la famiglia Saletti: un’amicizia discreta e moderata nelle manifestazioni, quale può sussistere fra chi è povero e chi è ben provvisto d’ogni bene della fortuna.

I signori Saletti (Brandimarte, sua cognata e la figliuola) mi avrebbero voluto spesso loro ospite tanto in villa come nella loro sontuosa abitazione di Firenze, posta in via Tornabuoni e precisamente in quel bel palazzo Peroni dov’è, ora, il Circolo filologico.

Ma il babbo non permise mai quella familiarità, anche perchè la mia fiorente giovinezza e la naturai cortesia del commendatore non dessero luogo a commenti spiacevoli per la mia reputazione.

Coi nuovi guadagni del babbo e la giudiziosa economia della mamma, mi fu concesso di appagare uno dei miei desiderii più ardenti: quello di abbonarmi al Gabinetto letterario di G. P. Vieusseux: a quel Gabinetto in cui, gravi per età, ma ancor giovani d’anima e di cuore, convenivano ancora il Tommaseo, il Capponi, il Lambruschini!

Ricorderò sempre il giorno in cui per la prima volta misi il piede el Gabinetto, posto allora nel palazzo Buondelmonti, in piazza Santa Trinità.

Mi venne premurosamente incontro il cavaliere Eugenio Vieusseux, uno degli uomini più signorilmente belli e cortesi ch’io m’abbia veduto.

Gli dissi che mi sarei abbonata per sei mesi e che desideravo conoscere subito qualche bel romanzo francese, moderno.

II signor Eugenio consultò con gli occhi la mamma che sorrise, approvando col capo. No, non era quella