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XIX.

La mia prima alunna.

(1872).

Nel febbraio di quest’anno una grave sventura colpì la mia famiglia con la morte del povero Andrea Salomoni, rapito in dieci giorni da un’acutissima forma di ileo-tifo.

Morì in via San Gallo, nelle stanze della sua retrobottega, dove tanto aveva lavorato e lottato per procurare a sè ed ai suoi un’esistenza se non agiata, almeno comoda. Lasciò l’Egle con due figliuoli; l’Ettore, che aveva ormai compiuti i suoi quattordici anni e l’Ebe che di poco ne aveva finiti sette.

Se la mia povera sorella fosse stata più donna che moglie, moglie sottomessa e devota, avrebbe potuto tirarsi avanti benino, perchè gli affari andavano a vele gonfie: buona vendita e numerosa clientela per la rilegatura dei libri: tutti gli articoli della bottega, dall’ultimo pennino all’edizione più splendida della Divina Commedia pagati: casa ben provvista di biancheria, d’olio e di vino: e un dieci mila lire in contanti.

Ma l’Egle, in tutta la sua vita, non aveva saputo che amare ed obbedire; mai aveva dimostrato il desiderio di disimpegnare anch’essa una parte attiva nel commercio di suo marito; come quasi tutte le donne