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Ho accennato alla mia sorella Egle. Ell’era maggiore di me dodici anni ed era nata a Prato in casa dei nonni Baccini, mentre mio padre correva l’Italia per conto degli Alberghetti che in quell’epoca attendevano alla ristampa dei classici greci e latini.

I miei genitori vennero a stabilirsi a Firenze fra il 1846 e il 1847 conducendo seco l’unica figliuoletta.

Nella tipografia Celli, il babbo pose gli occhi sopra un giovinetto laboriosissimo che faceva un po’ di tutto: rivedeva stampe, piegava, rilegava, attendeva alle spedizioni e, all’occorrenza, componeva. Questo giovinetto, appartenente a una famiglia popolana fiorentina, si chiamava Andrea Salomoni: e siccome era anche buono e servizievole, il babbo non tardò a farselo intimo, tanto che la nostra casa divenne in breve tempo la sua. E ciò con grande soddisfazione del sor Giusto suo padre che avendo ricevuto dal Signore la benedizione di dodici figliuoli, tutti sani e provvisti d’un formidabile appetito, vide in questo fatto il dito della Provvidenza.

Dreino e l’Egle divennero inseparabili: egli accompagnava la bambina a scuola, andava a riprenderla, la conduceva le domeniche in Boboli o al Parterre fuori di porta San Gallo; e se pioveva, la divertiva in casa con mille giuochi o lazzi burleschi. La mamma, sempre malaticcia e nervosa, era grata al giovinetto di tutte queste cure che, in certo modo, lasciavano lei in un riposo quasi completo: ed era lontana, oh ben

Ida Baccini. 2