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non quella politica di Roma, sicché, mentre le altre due associazioni della stampa, la lombarda e la romana, crescevano e prosperavano, la nostra, foggiata inutilmente su quel modello e ispirata erroneamente a quei medesimi criteri, non aveva nel suo seno germi di vita duratura.

Firenze è la città del passato e della bellezza; ha quindi soltanto una funzione storica ed artistica.

La città moderna comincia appena ora a farsi, e le idee del nostro tempo non trovano fra noi che qualche rara applicazione. Una città come Firenze, che conta più di duecentotrentamila abitanti è rimasta vergognosamente indietro per tutto quello che si riferisce a progresso politico, amministrativo, morale, edilizio. I suoi cittadini non si appassionano mai per le questioni vitali che si svolgono nel Parlamento nell’interesse o nel danno del paese. Firenze non conta che pochissime istituzioni di beneficenza e anche quelle rachitiche, malaticcie, moribonde prima di nascere; Firenze non ha, da anni, un’amministrazione comunale che si proponga di svolgere pienamente un programma, e cammini risolutamente per la sua via. Per la sua apatìa diventata ormai proverbiale, la nostra cittadinanza non è mai insorta contro una legge che la offenda, contro un decreto che l’avvilisca, contro un provvedimento che ne menomi, in qualche modo le tradizioni gloriose. Firenze è arretrata in tutti i servizi pubblici, non ha slanci di iniziative, non ha generosi ribellioni. La nostra maggior biblioteca (una delle prime del mondo) minaccia quasi rovina; i miglioramenti edilizi sono osteggiati dalla feroce critica dei partiti, le strade principali sono ancora illuminate a gas, i quartieri fuori