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III.

A scuola.

(1855-56).

— .... in quel tempo quantunque fossi avidissima della lettura, non mi si davano a leggere altri libri all’infuori della Storia Sacra: ed io, com’è naturale, versavo tutta la piena del mio sentimento su quei portentosi racconti che impressionavano così vivamente la mia fantasia. A costo di sembrarvi feroce, vi confesso che il caso lacrimevole del povero Abele non mi faceva nè caldo nè freddo. Quel buono e candido giovinetto che voleva bene a tutti e al quale tutti volevano bene: che era il cucco della mamma, il prediletto del babbo e il possessore di un bel gregge, mi ispirava un mediocre interesse. Tutte le mie simpatie erano per Caino; per Caino il sognatore, il solitario, il triste. Siccome in quell’epoca ero gelosa di una bambina del casamento, a cui i miei genitori facevano gran festa, poichè all’era tanto mite e gentile, quanto io indomita e turbolenta, così prendevo una viva parte alle torture di quel povero diavolo che si limava dalla passione lungo le rive dell’Eufrate.

Mi ricordo della sora Gegia che si scalmanava a descriverci minutamente i particolari che precederono e accompagnarono il nero delitto! La passeggiata in campagna (per poco non diceva fuori di porta) il famoso