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— Perchè non va a casa, bambina! — mi chiese la buona donna senza alzar gli occhi.

— Vorrei domandarle una cosa — dissi con un fil di voce.

La sora Gegia mi guardò fissa e aspettò.

— Senta, — ripresi. — Se una bambina, per ricoprire una sua mancanza le avesse detto una bugia, meriterebbe una grave punizione, non è vero?

— Secondo, — rispose la maestra guardandomi sempre; — secondo: se questa bambina si pentisse subito del suo fallo e ne chiedesse perdono a Dio...

— Allora? — chiesi tremando e avvicinandomi.

— Io la scuserei e la scongiurerei a non mentir più, mai, a nessun costo. — E mi prese sulle ginocchia.

— Le due pagine della Storia sacra — balbettai allora piangendo — le ho strappate da me, perchè non avevo studiata la lezione.

— Povera Ida! Quanto hai dovuto soffrire! Quanto devono soffrire tutte le persone che mentiscono! Ma questo brutto fatto non si verificherà più...

— Mai più! mai più!

— Oh, come mi rendi contenta! —

La commozione mi soffocava. E nello slancio della mia gratitudine abbracciai strinta strinta la sora Gegia, susurrandole in un orecchio:

— Lo sa a chi voglio bene? Ad Abele!

Ed ero sincera anche quella volta. Oh le inesplicabili con tradizioni del cuore umano!