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XIV PREFAZIONE


mente convertibili. E spesso questi poeti bibliotecari, nelle loro poesie, si dànno grandi arie di cattivi soggetti, sempre in buona fortuna, sempre incoronati di rose, tra i vini piú capitosi e le belle piú capricciose. Ma non vi consiglierei d’abboccare. Le loro rose, i loro nèttari, le loro donnette, sono libri libri e libri. Le sale delle loro orge sono biblioteche. E nelle biblioteche non c’è né il cielo, né il mare, né gli alberi, né i fiori, non ci sono né passioni né amori. Ci sono colleghi, e, anche una volta, libri. E di libri i poeti alessandrini si nutricavano giorno e notte. Dai libri attingevano i succhi per il loro miele poetico. Come tutti sanno, Callimaco, il vero ed autentico rappresentante dello spirito alessandrino, si vantava, in un verso famoso, di non aver fermato peso di dramma che non potesse autenticare con la sua brava fonte letteraria.1

Vedo che fra gli studiosi contemporanei prevale una certa tendenza a difendere questa letteratura libresca, magari contrapponendola, a titolo d’onore, alla gran poesia classica, la quale, poverina, era pur sempre impigliata nelle reti delle necessità pratiche, e quindi non poteva assurgere, come insegna l’estetica dell’espressione, ai cieli sereni dell’arte pura. Scherzi dell’affiniti elettiva; perché la nostra età, ad onta di tante sue belle illusioni, somiglia maledettamente all’età alessandrina.

Ora, in realtà, il libro è un magnifico strumento; ma adoperarlo è difficile e pericoloso, massime per i poeti. La vita offre a chi la studia rari frutti e tardivi, ma meravigliosamente nutrienti. I libri offrono invece una quantità di pillole già belle e pronte, di agevolissima deglutizione e digestione, ma che non sempre lasciano nutrimento vitale. Ond’ecco, vicino al vero saggio, che, a detta di Pindaro, molto sa per natura, il loquace pappagallo che ripete gli scialbi paragrafi della sua lezione. Ma, a parte ogni discussione teorica, chi esamini con pu-

  1. Nel suo famoso: οὐδὲν ἀμάρτυρον ἀείδω.