Venne primissimo Ermète da l’alpe, e gli disse: «Chi mai,
Dafni, ti strugge? Per chi, mio caro, sei preso d’amore?»
Muse, intonate, Muse dilette, l’agreste canzone.
Vennero poi pastori di buoi, guardiani di capre,
chiesero tutti che male patisse. Venne anche Priàpo.
«Misero Dafni — disse — ti struggi? Perché? La fanciulla
muove a cercarti per tutte le fonti, per tutte le selve.
Tristo amatore, ahimè, sei tu, che d’astuzie sei privo.»
Muse, intonate, Muse dilette, l’agreste canzone.
Quando il capraro vede le capre domate in amore,
tutto si strugge negli occhi, perché non è capro egli stesso.
Muse, intonate. Muse dilette, l’agreste canzone.
Cosí, se vedi tu le fanciulle che ridon soavi,
tutto negli occhi ti struggi perché tu con esse non danzi.
Muse, intonate. Muse dilette, l’agreste canzone.
Anche la Diva giunse di Cipro, e soave rideva,
ma d’ingannevole riso, ché in cuore celava lo sdegno.
E: «Dafni — disse — tu ti vantavi di vincere Amore:
ecco: e da crudo amore non sei vinto invece tu stesso?»
Muse, intonate, Muse dilette, l’agreste canzone.
E le rispose Dafni cosí: «Crudelissima Cipri,
Cipri vendicativa, nemica degli uomini Cipri,
dirmi vuoi tu che per me tramonta oggi l’ultimo sole?
Ma Dafni, anche ne l’Orco sarà per amore un gran cruccio».
Muse, intonate, Muse dilette, l’agreste canzone.
Quel mandrïano, raccontano, a Cipride... Récati all’Ida,
muovi ad Anchise: lí fioriscono ciperi e querce.