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Pagina:Idilli di Teocrito (Romagnoli).djvu/55

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18 TEOCRITO


E quel disamorato, a terra figgendo lo sguardo,
sede’ sul letto, e quivi seduto restando, mi disse:
«Simèta mia, davvero tu m’hai prevenuto di quanto
io superato ho ieri Filíno garbato a la corsa.
Chiamato alla tua casa tu m’hai prima ch’io ci venissi.
Sarei, pel dolce Amore, sarei questa notte venuto,
al primo buio, e due, tre amici m’avrebber seguito,
di Bacco i pomi a te recando in un lembo del manto,
cinto di pioppo bianco, del ramo che ad Ercole è sacro,
stretto in corone, tutto di nastri di porpora avvolto.
Dimmi dond’ebbe principio l’amor, veneranda Selène.

Se ricevuto m’avessi, sarebbero state dolcezze:
però che sdutto e snello mi dicon fra i giovani tutti,
e la tua bocca bella soltanto baciar mi bastava.
Ma se respinto m’avessi, se l’uscio restava sbarrato,
contro di voi venute sarebbero fiaccole e scuri.
Dimmi dond’ebbe principio l’amor, veneranda Selène.

Ora alla Dea di Cipro devo io prima rendere grazie,
e dopo Cípride a te, che tratto m’hai fuor dalle fiamme,
a questa casa tua chiamandomi, o donna, quando ero
mezzo bruciato già: ché piú della vampa d’Efesto
che in Lipari arde, brucia sovente la fiamma d’amore.
Dimmi dond’ebbe principio l’amor, veneranda Selène.

Spesso, con tristi furie, dal talamo fuor la fanciulla
Amore spinge, spinge la sposa, che lascia le coltri
tepide ancor dello sposo». Mi disse cosí; gli credetti
le man gli strinsi, caddi reclina sul morbido letto.
E presto corpo a corpo rendeva tepore, ed i visi
eran piú ardenti, piú ardenti, scambiandoci dolci susurri.
E senza farti lunghi discorsi, mia cara Selène,