Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/143

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72 parte prima

non portare altro abito che un mantello o tunica senza maniche, fatti con stracci trovati per via; dovevano, innanzi il tempo, in cui si riducessero ad abitar nei Vihâra, passare la vita a cielo aperto, nei cimiteri, o sotto un albero; e non avere possesso d’alcuna cosa, salvo un vaso, dove raccogliere il cibo quotidiano che andavano lemosinando: non potevano fare più di un pasto, nè era lor lecito conservar nulla pel dì venturo.1 Ma se questa maniera di vivere era possibile nell’India, dove il clima è dolce, ricca de’ suoi doni la natura, e pochi i bisogni dell’uomo; e ai buddhisti primitivi, che erano animati dall’entusiasmo della nuova fede; divenne, col progredire della dottrina e coll’estendersi di quella ad altri paesi, impossibile a mantenersi. Laonde la vita austera dei discepoli di Çâkyamuni dovette modificarsi secondo i tempi e i luoghi. Già in alcuni degli antichi scritti disciplinari, che portano il nome di Vinaya, si fa menzione dei religiosi buddhisti che nella stagione delle piogge, lasciando i campi e le foreste, cercavano un rifugio presso gli abitanti della campagna e dei villaggi. E passando dai cimiteri, dalle foreste e dai campi, alle grotte, alle celle, ai monasteri, vediamo finalmente questi seguaci del gran mendicante Çâkyamuni, di questo lontano precursore di S. Francesco, in possesso di que’ ricchi e sontuosi edifizii, che per la loro magnificenza fanno l’ammirazione dei viaggiatori che visitano il Tibet, la Mongolia, la Cina, il Siam, il Kamboge, la Birmania, il Ceylon, tutti i paesi insomma, in cui domina la religione del Buddha.2


  1. Wassiljew, p. 15.
  2. In vero le tradizioni buddhiche parlano della erezione di monasteri sino dal tempo, in cui viveva Gautâma. E per non parlare che dei principali, Vimbasara, Raja del Magadha, fabbricò