Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/213

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142 parte prima

mondo. Questa scrittura è di quelle di cui s’è perduto l’originale sanscrito; e che si conserva solamente nella traduzione tibetana, fra i libri del Kangyur. — Porta il titolo di Loto candido della gran compassione, e fu esaminata dallo Csoma Kőrösi,1 e tradotta in gran parte dal Feer.2 — L’autore del sûtra ha finto di riportare l’ultimo discorso di Çâkyamuni; e il fatto procede a questo modo. — Il Buddha è per entrar nel nirvâna. Una specie di languore generale sembra regnare per tutta la terra; l’energia vitale pare assopita, assopiti i dolori degli uomini. Questo languore e quest’assopimento penetra per tutte le parti dell’universo, fino al più alto de’ cieli. Brahman si maraviglia dello strano fenomeno, e si domanda, se non fosse più, per caso, il reggitore del mondo. Viene a sapere allora che un saggio è per entrare nel nirvâna, e gli vien vaghezza di recarsi a lui. Ci va, e si mette a conversar lungamente col Buddha. Questi comincia a dirigere a Brahman un gran numero d’interrogazioni. Gli nomina i cieli, gli astri, la terra, le piante, gli animali, gli Esseri d’ogni specie, le azioni e le passioni degli uomini, i mali, i beni, le virtù, i vizi; e via via gli domanda se egli si crede davvero, il creatore, l’ordinatore, il rettore di tutte quelle cose. Brahman, non so perchè, e il sûtra non lo dice, forse preso così all’impensata, risponde sempre di no; come un fanciullo che ha paura di confessare qualche cattiveria. Allora il Buddha gli espone le cose come veramente stanno; cioè gli spiega come egli creda che nascano l’infinito numero di forme, di figure, di fenomeni che compongono questa eterna fantasmagoria che è il


  1. Asiat. Resear. xx, p. 433-435.
  2. Mémoires du Congrès international des Orientalistes, i, p. 475-496.