Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/243

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172 parte prima

3.° Ciascuna esistenza è indotta a trasformarsi di continuo, per l’azione di Karma.

4.° Le parti che, per via della trasmigrazione, vanno a comporre un nuovo essere, non hanno nessuna relazione con quelle dell’essere che fu.

Per tal modo, alla morte dell’uomo, si disfà e si decompone la materia che ne formava il corpo (rûpa), e si distruggono in pari tempo la mente (manas) e tutte le facoltà dello spirito (vêdanâ, samjnâ, samskâra e vijñâna). Di lui non rimangono che le azioni, il complesso delle quali è detto Karma. Questo retaggio d’azioni, questo Karma, ha la strana potenza di dare origine a una nuova combinazione di cinque skanda, che non hanno nulla che fare co’ primi. E da siffatta combinazione si forma l’Essere, destinato a pigliarsi il peso di quella importuna eredità, e ad espiarne le male opere. Così si continua per innumerevoli rinascimenti, fino a che questo Karma non siasi ridotto che un complesso d’azioni purissime, prive di qualsiasi male, degno così d’essere totalmente distrutto e annullato, come si distrugge e si annulla, alla morte dell’uomo, ogni facoltà della mente.


Capitolo VI.


Del Nirvâna.


Fin da’ primi tempi che si incominciò a studiare le dottrine e i dommi della religione di Çâkyamuni, nacque una disputa, che anc’oggi non è decisa, intorno a quel che i Buddhisti intendono per Nirvâna; nome che danno alla sorte finale, riserbata all’uomo. Secondo alcuni il vocabolo Nirvâna è interpretato: estinzione totale di qualunque modo di essere; altri invece, con l’intento pietoso