Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/498

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parte seconda 421

Se si apre un dizionario della lingua cinese, fatto per uso degli Europei, le parole che, secondo i varii casi si fanno corrispondere al monosillabo Khi, sono molte e del valore più diverso. Il vocabolo Khi vien tradotto: soffio, alito, spirito, anima, etere, aria, vapori, materia prima, sostanza delle cose animate e inanimate; e inoltre significa anche fluido, nel senso della vecchia fisica, quando dicevasi fluido magnetico, fluido elettrico, fluido nerveo. C’è proprio in quella parola tutto il bisognevole per comporre un intero universo. Infatti un autore cinese dice, che il Khi è quel che il Cielo adopra per dare esistenza e vita a ogni cosa.

Secondo l’idee di Cu-tse, questa voce significa propriamente «l’essenza de’ cinque elementi dello Yin-Yang, che trovasi negli spazii»; volendo intendere la materia prima, nel suo stato originale: ossia una specie d’etere capace di congelarsi e condensarsi in sostanze aeree, liquide e solide. La materia veramente, quella che si manifesta per via di fenomeni meccanici, fisici, biologici, è chiamata Khi-cih: espressione che indica le due forme di quella. La prima, Khi, è la forma sottile, invisibile, eterea: la forma che la materia aveva in origine, e che in parte conserva ancora negli spazii celesti; la seconda, Cih, è la forma grossa, palpabile, condensata in corpi e sostanze d’ogni natura.

Unito al Khi v’è quel che i Cinesi chiamano Li, che alcuni traducono «Principio immateriale». Il Li è ciò che rende il Khi capace di tutte le operazioni, a cui è destinato, e gli dà tutte le qualità, per le quali esso Khi manifestasi nel mondo fenomenico. Il Li non abbandona mai il Khi nella evoluzione perenne, a cui l’ultimo soggiace. Questo Li noi chiameremo «Forza», nel significato più largo e generale della parola; e chiameremo