Pagina:Il Canzoniere di Matteo Bandello.djvu/241

Da Wikisource.
238 Matteo Bandello


V. 10. Tirso. Nelle feste dionisiache, dette piccole dionisiache, feste rurali in onore di Dionisio, o Bacco, che si svolgevano sul finir di novembre o in principio di dicembre, si faceva una processione col sacrificio di un capro. Lo stuolo delle donne e dei fanciulli agitava fiaccole e tirsi, aste con la punta ricinta d’edera o di pampani.

V. 14. Febo al Gange e cioè in Oriente. Cantava allo spuntar del sole.


CLXXIII.

Piange la sua sorte che non gli consente di godere la bella Primavera. L’inspirazione è tolta dal bellissimo sonetto petrarchesco che comincia: «Zefiro torna, e ’l bel tempo rimena», [[Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta)/Zephiro torna, e 'l bel tempo rimena|Canz., CCX]], v. 1.


Il veder verdi le campagne, e i monti,
     E gli arboscelli rinnovar le fronde,
     E tra l’erbose già spogliate sponde
     4Correr lucenti i freschi rivi, e i fonti;
Udir gli augelli al canto ognor più pronti,
     Quando l’Aurora con le chiome bionde,
     All’apparir di Febo si nasconde,
     8Or ch’egli al Toro par che si raffronti;
Raccoglier fiori e pallide viole,
     E sull’erbetta molle star assiso
     11Al suon dell’aure, e al fresco d’ombre belle:
Lieti amanti allegrar sovente suole,
     Ma me, che son dal mio bel sol diviso
     14Fan sempre lagrimar le crude stelle.


V. 1. Veder verdi, allitterazione di buon effetto artistico.

V. 5. Udir gli augelli ecc., cfr. v. 12 del sonetto sopracitato: «E cantar augelletti e fiorir piagge».

V. 7. Febo, il sole fa impallidire e sparire l’aurora, quando giunge nella costellazione primaverile del Toro.

V. 11. Aure, al fruscio dell’aura.