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262 Matteo Bandello

     60Di que’ diti sì vaghi,
     Così leggiadri, e snelli,
     Che ’l cor da me divelli,
     E dolcemente nel martìr m’appaghi.
     Rara beltà divina,
     65Cui tutto ’l mondo onora, e ognor s’inchina.
Quando la bocca posi
     Su quella per baciarla,
     Soave albergo d’ogni mio desio,
     Chi ’l crederà, ch’ascosi,
     70Per più leggiadra farla
     I pargoletti Amor in lei vid’io?
     E l’alma quasi uscìo
     Dalle mie labbra fori
     Per istar sempre seco,
     75Nè dir saprei chi meco
     La ritenesse allor in quei favori.
     Che s’io n’avessi morte,
     Qual mai più bel morir, o lieta sorte?
I’ non dovea levarmi,
     80O bella man giammai,
     Ma mille, e mille baci ancora darti,
     Che sol beato farmi
     E trarmi for di guai
     Tu puoi; tant’è quel ben, ch’in me comparti.
     85E di poter baciarti
     Non fu già poca grazia,
     Perchè fatta sei tale,
     Che tua bellezza vale,
     Ogni voglia acquetar, e render sazia.
     90Ond’io mi fermo, e grido,
     Che d’ogni gioia in te riposto è ’l nido.
Chi può, Canzon, ad una ad una tutte