Pagina:Il Canzoniere di Matteo Bandello.djvu/274

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Il Canzoniere 271

     Che di costor, che temi nessun spira,
     4Ma di Pittor son opre eccelse, e nove.
State Giganti, a che mostrar più prove
     Se contra voi qui Giove non s’adira,
     Non folgora, non tuona, o strali tira?
     8Mirate ch’egli è pinto, e non si move.
Or ben sì vede quanto può l’ingegno,
     E la maestra man del rar Pittore,
     11Ove s’inganna l’uomo, e Giove ancora.
Tacciasi Zeusi, e stia Parrasio fora,
     Giulio Romano d’altro onor più degno
     14Sarà cantato, e più famoso ancora.


V. 3. Spira, respira, vive.

V.8. Mirate, osservate, ch’egli è dipinto, non vivo, benchè vivo paia. Similmente fa Dante nelle sue descrizioni delle rocce intagliate nel Purgatorio; cfr. ad es. Purg., X, passim.

V. 12. Zeusi, Parrasio, pittori greci rivali (sec. V a. C), sono fuori di gara, sono cioè superati; cfr. Petrarca: «Che fe’ non Zeusi o Prasitele o Fidia», [[Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta)/Poi che 'l camin m'è chiuso di Mercede|Canz., CXX]], v. 10. Giovandogli per un paragone, rammenta Zeusi anche al C. III dei Canti XI.

V. 13. Giulio Romano. La sua andata a Mantova è accertata verso la fine del 1524; cfr. Vasari.

V. 14. E più famoso ancora, sarà il pittore, se celebrato da poeta. Esalta, come farà altrove, la poesia, datrice, o banditrice, di fama agli uomini.


CXCIV.

Tre sonetti encomiastici per Francesco I. Di lui, in ispecie delle sue guerre in Italia, tocca a lungo nel Canto I dei Canti XI.


Poichè dal sol nascente al basso occaso,
     E fè da tramontana al mezzo giorno,
     Ancisi i mostri, Alcide il mondo adorno,
     4Stracco non già, ma sazio alfin rimaso,