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Il Canzoniere 307

ciò che un’altra per ritoglie non pigliasse, ed ella sovra di lui subito s’uccide». Il fatto fu narrato «questa state» (il Morellini, op. cit., data la novella tra il 1515 ed il 1525) alla presenza di «Isabella da Este, marchesa di Mantova, ne la ròcca de la Cavriana» da «il nobilissimo ed in ogni sorte di lettere dottissimo, messer Paris Ceresaro..... pietoso e fiero caso a Roma avvenuto in quei dì». Tra i presenti era Giovangiacomo Calandra che su di esso compose «molte belle questioni amorose in un libretto in prosa volgare»; e il Bandello che lo riduce in novella e «pensando — soggiunge dedicandola al Calandra medesimo — a cui dar lo dovessi, voi mi sete occorso a cui meritevolmente si deve, essendo egli stato cagione di farvi sì leggiadra operetta comporre». Di questa illustrando con diligente acume, I libri e gli autori del Bandello (1913) il Brognoligo scrive (pp. 19-21): «Di quest’opera, andata irrimediabilmente perduta (cfr. Luzio-Renier, La cultura ecc., cit., Giornale storico, vol. XXXIV, e pure vol. XIII, pp. 383-384) ci ha conservato un lucido riassunto Mario Equicola nel suo Libro de natura de amore. Il Calandra [cui è dedicato l’ultimo capitolo del primo libro] propone circa settanta dubbi d’amore. Di questi l'Equicola ne espone alcuni e poi fa ampie lodi del libro e del suo autore senza specificare la natura della sua dottrina». E il Brognoligo bene annota: «Mi par poi assai probabile che al fatto donde derivarono e il libro del Calandra e la novella del Bandello, si riferisca anche» questo sonetto.

S’amante alcuno gli è, che goda il frutto
     Che suol donare Amore a’ suoi sequaci,
     Speme non ponga in le tranquille paci,
     4Che spesso se rivolge il riso in lutto.
Esempio da me pigli, ch’ebbi tutto
     Quello si brama in l’amorose faci,
     E pianga i casi miei così veraci,
     8Che pel pianto non mostri viso asciutto.
Fu il dolce mio signor ad altra dato
     Per fede marital, ond’io non volsi
     11Che senza me vivesse in simil stato.
A lui col ferro pria la vita tolsi,
     Poi, sopra il corpo da me tanto amato,
     14A simil stratio con mia man mi colsi.

22. — Classici Italiani. N.12