Pagina:Il Canzoniere di Matteo Bandello.djvu/77

Da Wikisource.
74 Matteo Bandello

l’alato cavallo figlio di Poseidone (Nettuno) e di Medusa, balzato dal tronco di costei, quando Perseo le tagliò la testa.

V. 5. Cercate in oriente e in occaso, occidente, per avere inspiratori eloquenti o cantori degni della Mencia: a Mantova, patria di Virgilio, a Smirne di Omero, ad Arpino di Cicerone, ad Ascra di Esiodo, ad Atene di Demostene. Così Petrarca: «Non pur Verona e Mantoa et Arunca» (Canz., CLXVI, v. 4) e, ivi, CCXLVII, vv. 10-11: «È cosa da stancare Atene, Arpino | Mantoa e Smirna...».

V. 7. Febo, Apollo detto Musagete, tiene in guardia, cioè regge il coro delle nove Muse, che egli accompagna sulla cetra.

V. 8. Il vaso, la coppa del licor santo. È da intendere: vi conceda inspirazione; cfr. Dante: «O buono Apollo... | Fammi del tuo valor sì fatto vaso | Come dimandi a dar l’amato alloro», Paradiso, I, vv. 12-14.


XVIII.

Gli occhi della Mencia inspirano «virtù»; questa «scopre al Ciel di gir la via».
      Sonetto di elevazione spirituale.

Quando la bella, e saggia Donna mia
     Soavemente i suoi bei lumi gira,
     Tant’allor grazia d’ognintorno spira,
     Che un mar di gioia innanzi se le cria. 4
Ivi modestia e somma leggiadria,
     E casto amore impara chi vi mira,
     Che ’l vago lume dentro ai petti inspira,
     Virtù, che scopre al Ciel di gir la via. 8
E chiar si vede, com’in mezzo Amore
     Stassi a’ begli occhi, ed ivi accende il fuoco,
     E l’arco scocca, e le quadrella affina. 11
Da sì felice, e avventuroso luoco

´