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130 | il giugurtino |
solamente due dì della loro reità rallegrati erano: de*quà1i la città, grande e riera, tutta fu deputata a pena ovvero a preda1 Di Turpilio prefetto della città, il quale, solo di tanti, era fuggito, siccome detto è, fu comandato da Metello che gli dovesse dir la cagione, e, non potendosi bene espurgare nè scusare2, fu condannato e flagellato, e fugli mozza la testa: chè egli non era cittadino di Roma, anzi era d’una terra del Lazio3.
CAPITOLO LIV.
" Come Bomilcare con Nab ialsa ordinarono di tradire Giugurla.
In quel tempo Bomilcare, per lo cui improntamento4 Giugurta-avea cominciato l’arrendere, il quale poi per paura lasciò, era sospetto al re: ed egli veramente agguardava tempo di tradirlo5; e, desiderando novità, cercava di potere trovare alcuno inganno per recarlo a morte, e dì e notte sottigliava e affaticava suo animo in ciò. Alla per fi ne, cercando di tutte cose e-modi, s’aggiunse uno compagno, eh’avea nome Nabdalsa, uomo nobile,.e di grande ricchezza e potenzia chiaro e famoso, e accettevole a*suoi popolari6, il quale spesse fiate per se solea guidare oste spartita dal re, e tutte cose adoperare7, le quali soperchiavano a Giugurta, essendo stancato ovvero occupato in maggiori fatti: per la qual cosa gloria e ricchezza avea assai. Onde per consiglio avuto di questi due fu ordinato il dì del tradimento; e l’altre cose piacquono che fossouo apparecchiate al suo tempo, secondo che’l fatto richiedea. Nabdalsa se n’andò all’oste, la quale egli per comandamento di Giugurta tenea intra le contrade ove li Romani vernai ano, acciocché ne’campi non si facesse guasto, senza verdetta de’nimici. E, poi egli8, ritemendo per la grandezza del fallo, non ritornò al tempo, chè la paura impedia il fatto; allora Bomilcare, perchè era desideroso di compiere le cose che cominciate avea, e angoscioso della paura del suo compagno, dubitando ch’egli, lasciando l’antico consiglio, non cercasse il nuovo, sì li mandò lettere per uomini molto fedeli:
- ↑ e cosili Vaccesi te.) Grande era il guasto in questo luogo, ove leggeasi: E così li Vac-cesi solamente due dì della loro reità rallegrati, li quali erano in città grande e riccay tutta fu ec. 11 testo legge così: Ita Vaccensesbi-duummodo ex perfidia laetatiicipitas magna et opulcns, poenae cuncta aut praedac fuit. Abbiamo con lieve modificazione ammesso la correzione del Betti.
- ↑ non potendosi bene ispurgare nè scusare) Spurgarsi qui sta per discolparsi. Più comunemente si dice purgarsi.
- ↑ d’una terra del Lazio) Le stampe leggea-no: d’una terra delta Colla zio. Il Betti osserva: « Potrebbe darsi chequi fosse errato il codice usato da fra Bartolomeo pel suo volgarizzameuto; e che invéce di nam is civis ex Latio erat, dicesse nam is civis ex Co fiat io erat. Ma potrebbe anche darsi che il copista abbia scritto detta Collazio in luogo di del La-zio.
- ↑ improntamento qui vale incitamento; ma oggi non sarebbe da adoperare*
- ↑ agguardava tempo di tradirlo) Questo modo aeguardar tempo fu aggiunto dal p. Cesari al v orabolario della Crusca con questo esempio, e vale aspettar /’ opportunità.
- ↑ accettevole a* suoi popolari) Accettevole è io stesso che accetto. Quanto a popolari ^ vedi alla pag. 28 la n. 1.
- ↑ adoperare propriamente vale usare, servirsi. ina si trova pur sovente, massime appresso gli antichi, per operare t fare y come è da intendere in questo luogo: ed in questo sentimento oggi sarebbe da usar con molto risguardo.
- ↑ e poi egli) Qui poi sta per poichk.